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Psicoanalisi Saggi

Il mondo magico, lo psicoanalista e la maschera

Edito nel 1983 con Boringhieri mel libro

Il mondo della persona

e nel Marzo 2011 nella rivista gli Argonati

In Totem e tabù Freud ha tracciato a grandi linee la relazione tra lo sviluppo libidico-emotivo e mentale dell’individuo, quello dei popoli primitivi e il livello di fissazione e regressione del nevrotico in generale e dell’ossessivo in particolare. Questa relazione è per lui molto più di un’analogia. Egli dice: “Nello stadio animistico l’uomo ascrive a sé stesso l’onnipotenza; in quello religioso la cede agli dei, ma non vi rinuncia seriamente perché si riserva di dirigere con varie influenze gli dei secondo i propri desideri. Nella visione scientifica del mondo non vi è più posto per l’onnipotenza dell’uomo, perché egli riconosce la sua piccolezza, si rassegna alla morte e si sottomette a tutte le necessità della natura”. Sottolineo la parola rassegna; colui che si rassegna non è colui che accetta, e soprattutto non è colui che nel suo profondo rinuncia. Infatti, in un’altra parte del libro, Freud fa questa straordinaria ammissione: “La razza umana, se dobbiamo credere le autorità, ha nel corso dei tempi sviluppato tre sistemi di pensiero, tre grandi quadri dell’universo: l’animistico (o mitologico), il religioso e lo scientifico. Di questi, l’animistico, il primo a essere creato, è forse quello più coerente ed esauriente e che offre una spiegazione veramente completa della natura dell’universo. La prima Weltanschauung umana è una teoria psicologica”. Così Freud, con una singolare intuizione, rivela al contempo la sua segreta insoddisfazione, la sua rassegnazione alla scienza, in mancanza di qualcosa di meglio, mentre Goethe per non rassegnarsi creò il Faust.

Nelle parole di Freud noi percepiamo una velata, sotterranea, nostalgia per il paradiso perduto dell’infanzia e per quell’epoca arcaica e felice della preistoria, ricordata dai miti di quasi tutti i popoli della nostra terra, dagli australiani agli americani, dagli europei medio-orientali ai siberiani, fino agli ebrei e ai cristiani, quell’epoca perduta nello spazio e nel tempo, quando gli uomini coglievano frutti lussureggianti, assorbiti e incantati dal grande spettacolo della vita, dove immemori della morte parlavano con gli dei. Ciò che io sento nelle parole di Freud è stanchezza per lo studio e il lavoro alienato e nostalgia di rigenerazione totale della vita.

Anche Platone fa coincidere l’inizio della storia, in quanto caduta e decadenza, in quanto alienazione in un tempo e in uno spazio profano, e aggiungo: in quanto paura della vecchiaia e della morte, con la scomparsa della primigenia età dell’oro.

A questa memoria della preistoria è strettamente ispirato quel mito, tanto esteso quanto suggestivo, che va sotto il nome di mito dell’eterno ritorno, quel mito antichissimo che Nietzsche, ignaro delle moderne ricerche etnologiche, riscoprì individualmente nel flusso onnisciente del suo preconscio, mito nel quale egli fermamente credeva.